Da molto tempo rifletto su questo post, rimandandolo sempre, ma oggi una notizia è stata decisamente la goccia che ha fatto traboccare il vaso. L’articolo in questione parla di una ragazza, unica iscritta al Liceo Classico di Massa Marittima. Solo qualche settimana fa ne leggevo un altro in cui si parlava del declino degli studi classici dopo la riforma Gelmini (ma anche del suo “fallimento” sugli obiettivi che erano stati effettivamente posti). Rispetto all’anno scolastico 2009/2010 le iscrizioni sono diminuite del 44% a favore di studi che, sinteticamente, non abbiano il latino! Licei scientifici a indirizzo sportivo o delle Scienze applicate (che mi suona più simile a una cosa del tipo università delle patatine fritte…), Scienze umane (ex magistrali), licei linguistici e via discorrendo, molti davvero validi, altri di cui si può discutere. La scuola superiore sembra attraversare il momento che passò l’università anni fa, quando iniziarono a nascere le più svariate (e fantasiose) facoltà.
Si è risollevato quindi il dibattito sul Latino (perché il Greco oramai non viene proprio più neanche considerato): a cosa serve studiare una “lingua morta”? A nulla per quelli che la considerano tale: con loro è inutile anche dibatterne. Ma questo è un discorso molto più ampio, che spero di riuscire a trattare approfonditamente più avanti.
La cosa più difficile da accettare in realtà, è l’immagine della società che ne scaturisce. Non solamente dai dati, che potrebbero essere interpretati come indice di una generazione attiva, volenterosa e già proiettata verso il mondo del lavoro, ma anche con le affermazioni e gli atteggiamenti reali dei ragazzi che si iscrivono alle scuole superiori. Non considerando ovviamente quella parte che ancora segue gli studi per reale voglia di apprendere, un’altra parte di loro invece è profondamente pigra, ritiene la cultura e lo studio una inutile perdita di tempo, non considerano l’ipotesi di una carriera universitaria e anzi una percentuale non completerà neanche gli anni di scuola superiore. Per quanto ci siano sempre stati ragazzi avversi ai libri e con poca voglia di studiare, erano davvero rari i casi in cui si ritenessero inutili anche materie come la storia o la geografia.
Tornando al Liceo Classico però credo che si insinui un ulteriore dettaglio: il periodo storico, sovrastato da una crisi economica che rende incerti sul proprio futuro e spinge a cercare il prima possibile una via di guadagno. Prendere un liceo come il Classico premette la frequenza successiva di un’università, che comporta necessariamente un minimo di ulteriori 3 anni di studio, che diventano almeno 5 per avere una possibilità in più di trovare poi lavoro.
E’ difficile avere davanti un quadro di questo tipo, notare un “disinnamoramento” della cultura proprio nella scuola, che ne è culla e tempio. Da ex studentessa di un Liceo Classico è difficile sapere che sempre meno persone potranno sentirsi arricchite tanto quanto te, per i più diversi motivi.
Voi che scuola avete frequentato? Cosa ne pensate di questi cambiamenti?
G.